Le recenti elezioni di alcuni Ordini territoriali delle Professioni Infermieristiche, convocate durante la calura estiva, e tenutesi negli scorsi giorni, hanno registrato un'affluenza elettorale - senza dubbio alcuno - estremamente bassa.
La scarsa partecipazione ha portato a sole terze convocazioni (quelle senza quorum minimo) e a un predominio di elezioni con lista unica spesso legata al mandato precedente, con rare eccezioni.
In alcuni casi, il processo elettorale è stato rimandato e complicato da ricorsi al TAR riguardanti l'ammissione di liste concorrenti.
Le percentuali di voto sono state talmente basse e desolanti, da meritare una analisi attenta, poiché si celano dinamiche che richiedono una riflessione approfondita in quanto probabilmente rilevatrice di un profondo malessere e di un disagio diffuso tra gli infermieri.
Questa disaffezione sembra radicata in una serie di questioni che spaziano dalle politiche ordinistiche alle più ampie problematiche professionali.
Tra le posizioni ordinistiche, che potrebbero risultare contestate spiccano l'introduzione della figura dell'Assistente Infermiere, vista con preoccupazione da molti professionisti, associazioni e sindacati (oggetto di specifica petizione www.change.org/assistenteinfermiere ) e la fusione del settore scientifico disciplinare infermieristico MED/45 con quello delle ostetriche nelle università, percepita come un indebolimento del settore.
Altri fattori di malcontento, non tutti di diretta competenza ordinistica, includono il mancato concretizzarsi delle promesse post-pandemiche su salari e condizioni lavorative, la limitata attuazione della libera professione per i dipendenti, lo scarsissimo entusiasmo per le nuove lauree magistrali cliniche percepite come poco sostanziali ove non legate alla prescrizione e alla pratica avanzata, e l'apparente inefficacia dell'alleanza “il patto di diamante” decantato negli anni precedenti, con l'Ordine dei Medici.
Si aggiungono le tensioni con altre rappresentanze professionali o aspetti di confronto con altre professioni sanitarie che hanno ottenuto maggiori riconoscimenti, come i farmacisti.
Per quanto riguarda specificamente le elezioni, il sistema elettorale per come congegnato attualmente sembra ostacolare una vera competizione tra liste diverse.
Inoltre, la resistenza all'introduzione del voto elettronico ((in ogni caso sarebbe stato possibile come scelta) e alla diversificazione dei punti di voto, a causa anche di requisiti regolamentari stringenti, contribuisce ulteriormente alla bassa partecipazione.
Questo quadro complesso suggerisce la necessità di una profonda riflessione e di possibili riforme nel sistema di rappresentanza e nelle politiche professionali degli infermieri.
Queste elezioni in corso rappresentano il secondo mandato (limite massimo per le cariche) da quanto sono nati gli "Ordini" delle professioni infermieristiche (Legge 3/2018) con la contestuale trasformazione in Ordini dei collegi IPASVI.
Molti di coloro che si sono ricandidati nelle province che hanno già votato o si ricandideranno in altre province, il secondo “mandato”, nei fatti, lo hanno di molto superato (anche se prima erano in carica nelle stesse posizioni nei Collegi IPASVI, che non vengono conteggiate).
Alcuni rappresentanti eletti prima Ipasvi e poi in OPI, sono lì da un tempo oramai ultraquarantennale/ultratrentennale a livello provinciale, ma anche negli organi della Federazione, sono presenti rappresentanti da un ventennio o più.
Assistere comunque a queste elezioni, svoltesi interamente in terza convocazione - perché, si sa, persiste sempre il fascino del “non c'è due senza tre” e del mancato bisogno di quorum (zero quorum) (in quanto impossibile raggiungere i 2/5 in prima convocazione e manco 1/5 in seconda convocazione) - è stato come contemplare un'eclissi del voto.
Ma veniamo ai numeri, che – come si suol dire – non mentono mai (o quasi).
Ecco a voi la desolante fotografia dell'affluenza alle urne ordinistiche, nelle province in cui è stato pubblicato l'esito dello scrutinio (alcuni ordini provinciali non lo pubblicano) o è stato rilevato il voto sui periodici online:
*Dati in aggiornamento secondo i voti validi per consiglio direttivo (come da scrutinio o pubblicati su altri siti ed elaborati in CNAI). Mancano i dati di altri ordini provinciali in quanto non pubblicati: per chi li conosca prego inviarli a info@cnai.pro
I dati riportati in questa tabella rivelano una partecipazione elettorale estremamente scarsa, che in alcuni casi sfiora livelli di astensionismo quasi totale.
Le percentuali di affluenza per una parte molto significativa, sono talmente basse da suggerire non solo un disinteresse diffuso, ma quasi una forma di “digiuno civico”, una sorta di totale crisi di fiducia da parte degli iscritti.
Questo fenomeno potrebbe essere definito come un vero e proprio “ascetismo elettorale”, dove la rinuncia al voto sembra assurgere a pratica comune tra gli infermieri, sollevando serie preoccupazioni sulla rappresentatività e la legittimità dei risultati ottenuti.
Ad esempio, il caso di Roma è particolarmente emblematico. L'OPI Roma ha deciso quest’anno di organizzare un servizio di trasporto dedicato dalle ASL e dagli Ospedali (molti dirigenti infermieristici risultano nell’unica lista e tra gli eletti) verso il seggio elettorale di Roma e provincia, la sede dell'OPI a Roma.
La percentuale complessiva dei votant a Roma, si attesta intorno al 5% comprendendo il rilevante numero di schede nulle. Se si escludessero i voti raccolti anche grazie a questo servizio di trasporto gratuito, l'affluenza precipiterebbe a un allarmante 2%.
È interessante anche notare, in ogni caso, che il numero di partecipanti al voto a Roma, è paragonabile a quello registrato durante le elezioni del 2020, svoltesi in clima diverso: in tempo diverso e con le difficoltà della piena pandemia.
Questi dati assumono una rilevanza ancora maggiore se confrontati con le precedenti procedure dei Collegio IPASVI, che prevedevano un quorum del 10% per la validità delle elezioni, rispetto ad ora dove non è previsto un quorum nemmeno minimale, appunto il famoso ZERO QUORUM.
Applicando il criterio elettorale IPASVI, quindi, gran parte delle recenti consultazioni risulterebbero invalidate.
È importante anche sottolineare come alcuni degli Ordini già coinvolti in queste elezioni vantano rappresentanti di spicco nell'attuale Comitato Centrale, il che rende ancora più pressante la necessità di una riflessione approfondita su questi risultati.
Nel merito, appare interessante citare, una sentenza della Corte di Cassazione n. 8566 del 26 marzo 2021, relativa proprio al ricambio necessario nelle posizioni ordinistiche. Non è, si precisa per l’Ordine delle professioni infermieristiche, ma per l’Ordine degli Avvocati (CNF), che ha anch’esso il limite posto a due mandati. La sentenza indica che deve essere garantito "l'avvicendamento nell'accesso agli organi di vertice, in modo tale da garantire la par condicio tra i candidati, suscettibile di essere alterata da rendite di posizione nonché di evitare fenomeni di sclerotizzazione nelle relative compagini potenzialmente nocivi per un corretto svolgimento delle funzioni di rappresentanza degli interessi degli iscritti e di vigilanza sul rispetto da parte degli stessi delle norme che disciplinano l'esercizio della professione, nonché sull'osservanza delle regole deontologiche in particolare". E ancora, la Suprema Corte, mette in guardia contro la "cristallizzazione di posizioni di potere", e della ben prevedibili tendenze all'autoconservazione a rischio di prevalenza o negativa influenza su correttezza ed imparzialità dell'espletamento delle funzioni di rappresentanza. Insomma, la Suprema corte, esprime un quadro a tinte fosche, dove qualcuno potrebbe ipotizzare aspetti di mancata partecipazione connessi al peso dell'inerzia e dell'autoreferenzialità in caso di presenza per oltre i due mandati.
L'allarmante disaffezione evidenziata da questi dati porta quindi a sollevare profondi interrogativi sulla salute del sistema ordinistico. Non si può fare a meno di chiedersi se questo fenomeno non sia il sintomo di una crisi di rappresentatività più ampia, che mette fortemente in discussione gli attuale modelli di rappresentanza in generale, come in corso anche in altri segmenti della Società.
Questi risultati dovrebbero e potrebbero spingere le istituzioni (e anche l’Ente regolatore) anche a riconsiderare l'attuale approccio per quanto attiene le politiche professionali, promuovendo innovative modalità di coinvolgimento, ancora più ampio e significativo con sindacati e delle Associazioni scientifico-professionali, nelle decisioni per la categoria per trovare posizioni di concreta convergenza.
E’ di tutta evidenza la necessità di una “manutenzione “della Legge 3/2018 e dei decreti collegati, con particolare attenzione alle procedure elettorali. Questa revisione normativa potrebbe rappresentare un primo passo verso il rinnovamento generale del sistema.
Questo scritto ed i dati a supporto si immagina che stimolino un dibattito professionale approfondito e costruttivo (si attendono i vostri apprezzati commenti).
(terza parte).
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